La crisi dell'utopia
Autore:
Luciano Canfora
Editore:
Laterza
Collana: I Robinson
Prezzo:
18,00 €
Data pubblicazione: 06/03/2014
Pagine: 436
EAN: 9788858111017
Genere: Politica, scienze politiche
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Nella commedia Ecclesiazuse (intorno al 380 a.C.) ovvero Le donne all’assemblea popolare, Aristofane mette alla berlina l’utopia comunista. Le donne ateniesi – travestitesi da uomini – riescono a far votare all’assemblea un provvedimento in cui tutti i beni vengono messi in comune...perfino le donne stesse e – sorpresa – anche i mariti, in modo da non discriminare le donne brutte! Ne risulta una situazione ridicola, in cui ad esempio un bel ragazzo si trova – per legge – a giacere con tre orribili megere prima di potersi unire alla sua amata. La commedia è il punto di partenza di Canfora per l’analisi di un conflitto paradigmatico sull’utopia: quello tra la commedia di Aristofane e la filosofi a di Platone. Il primo ridicolizza l’idea che si possano mettere in comune le ricchezze e le relazioni sessuali, il secondo ne fa l’oggetto di uno dei suoi dialoghi più famosi, “La Repubblica”. Nei secoli lo scontro intorno all’utopia percorre tutta la storia dell’Occidente. Da Aristotele a Tommaso Campanella, da Jonathan Swift a Friedrich Engels, pensatori e scrittori di ogni orientamento si dedicheranno a immaginare mondi più giusti e felici ovvero a criticarne aspramente la concezione, considerandola illusoria o – peggio – mistificatoria della realtà. Engels, ad esempio, nel pamphlet intitolato “L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza” se la prende con gli stessi socialisti – da Fourier a Owen – definiti dispregiativamente ‘utopisti’ perché portatori di una visione astratta della società, priva di una adeguata analisi scientifica che ne individui le leggi di trasformazione della realtà e soprattutto gli attori – il proletariato – in grado di attuare il socialismo. Ma – si chiede Canfora – cos’è l’utopia? Per Tommaso Moro l’utopia è un ‘non-luogo’ (“ou-topos”) ma anche un luogo felice (“eu-topos”). L’utopia è davvero la prefigurazione di un mondo impossibile? E dobbiamo considerare utopista chi si ostina a ritenere possibile un cambiamento radicale.