La vita di una donna in Israele, al tempo di Gesù, non era facile. Ogni mattina l’ebreo osservante recitava, e recita tuttora, questo ringraziamento: “Benedetto il Signore che non mi ha creato né pagano, né donna, né schiavo”. La donna è una presenza nascosta, afona nella società, la sua vita è dedicata alla famiglia, al marito, ai figli, e viene amata e venerata per la sua sottomissione, per le virtù domestiche e finché resta al “suo” posto: il posto stabilito dagli uomini. Enzo Bianchi attraversa i vangeli sinottici e il quarto vangelo, il vangelo secondo Giovanni, recuperando e rinarrando per noi le vicende emblematiche che riguardano il rapporto di Gesù con le molte donne incontrate nella sua breve vita. Ci racconta e ci fa vivere, ad esempio, l’incontro con la donna malata di emorragia uterina che ha il coraggio di toccare il Messia sebbene “impura”, una donna che prende l’iniziativa del gesto; con la donna straniera, greca e per di più di origini siro-fenicie, quindi pagana; con le sorelle Marta e Maria; con la donna sorpresa in adulterio e con Maria di Magdala, l’apostola degli apostoli. “Sarebbe necessario – afferma il Priore di Bose – che la chiesa, le chiese, tornassero senza paura semplicemente a ispirarsi alle parole e al comportamento di Gesù verso le donne, assumendone i pensieri, i sentimenti, gli atteggiamenti umanissimi e, nello stesso tempo, decisivi anche per la forma della comunità cristiana e dei rapporti in essa esistenti tra uomini e donne. Che ormai sono (e devono essere riconosciuti) tutti una sola cosa in Cristo Gesù”.
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